Q&A con Gino Pozzo, proprietario del Watford FC
Siamo arrivati a questo punto dopo dieci sconfitte consecutive. Quanto è grave la situazione? Come se ne esce nell’immediato? Mancano cinque partite, bisogna far punti, bisogna salvarsi.
E’ indubbio che la situazione è delicata. D’altronde questo filoto dei risultati negativi ci ha portato dalla soglia della Coppa UEFA alla lotta per la retrocessione. A questo punto nessuno si può nascondere, per cui dobbiamo affrontare con serietà questo momento. I giocatori hanno dimostrato di essere giocatori che possono dare dei risultati importanti, però non ci possiamo solo basare su quanto abbiamo fatto i primi due mesi con Oddo. Adesso dobbiamo prendere coscienza che, tutti insieme, ne dobbiamo venire fuori. Dunque, grande attenzione, la cura di tutti i dettagli e la consapevolezza che da questa situazione qua ne veniamo fuori tutti quanti insieme.
Ha parlato alla squadra in queste ore?
Sì, ho incontrato l’allenatore, ho incontrato la squadra, d’altronde con l’allenatore siamo stati sempre in contatto durante tutto questo periodo, però con la squadra abbiamo fatto un richiamo all’importanza del momento, al fatto che da questa situazione ne usciamo assumendoci ognuno la propria responsabilità e prendendo, soprattutto, coscienza che dipende da noi il fatto di dare una risposta sul campo.
Diceva che ha avuto contatti con l’allenatore in questo periodo, ha anche risposto ad un’altra domanda che era una delle critiche che venivano poste, Oddo lasciato solo. Ovviamente non è così lo ha detto anche il tecnico, c’è stato sempre un contatto con l’allenatore?
Bisogna anche inquadrare il mio ruolo. Nonostante siano tanti anni che siamo proprietari dell’Udinese e che partecipiamo attivamente alla vita della società, ci troviamo, ogni qualvolta ci sono dei problemi, ad identificare nella distanza geografica mia da Udine uno dei motivi per i quali, o il maggior motivo per il quale la squadra non funziona o per il quale si manifesterebbe quasi un disinteresse al progetto. Noi siamo nell’Udinese da più di 30 anni, io durante tutto questo periodo ho sempre vissuto all’estero, però consapevole di questo, abbiamo dotato la società di tutte le strutture affinché sia autonoma. Ma senza voler far mancare il nostro supporto costante sia finanziario che personale. Ho la fortuna che mio padre può essere presente a Udine, per cui è il portavoce del messaggio della proprietà. Abbiamo la fortuna di avere un rappresentante così autorevole e, aldilà del fatto che non partecipa operativamente alla vita sociale, sappiamo che la voce, il richiamo del Paròn è sempre un elemento particolarmente utile. Tornando alla domanda, noi siamo qua sempre per dare il nostro supporto perché per noi l’Udinese – per me personalmente, per la mia famiglia – è un progetto che nasce da tifoso, dall’andare a vedere le partite in Serie C al Moretti, sfide diverse con il Piacenza prima con la Cremonese poi. Quindi, dal momento in cui siamo potuti entrare in questo mondo da protagonisti non abbiamo mai voluto far mancare il nostro supporto. Il fatto che io sia qua e voglio essere vicino alla squadra è un elemento che non è positivo perché vuol dire che le cose non sono andate come ci aspettavamo, siamo qua proprio per dare tutto il nostro supporto.
In questo periodo, Lei personalmente ma anche tutto il gruppo della proprietà, la famiglia, siete stati oggetto di critiche poi amplificate nel mono dei social con una diffusione un poco più ampia di quello che avveniva in passato. Per certi versi è il gioco delle parti e l’esperienza lo insegna nel mondo del calcio, ma forse si è andati un po’ oltre in alcuni casi. Qual è il suo stato d’animo adesso rispetto alla contestazione da parte dei tifosi e da alcune modalità?
A me non preoccupa la contestazione in quanto tale, a me preoccupa che l’Udinese perda le partite. I tifosi non possono essere contenti, come non lo siamo noi, delle sconfitte. La mia preoccupazione non nasce dal fatto che il tifoso esprime il suo dissenso, perché è normale che venga espresso. Non credo sia produttivo entrare in questo tipo di polemica. È importante capire che, quando l’Udinese perde, perdiamo tutti quanti insieme e quando si vince si vince insieme. In questo caso ciò che mi fa particolarmente male è vedere che l’Udinese ha subito questa serie di sconfitte e da questo ne dobbiamo uscire. Questa è la mia preoccupazione.
Lei che idea si è fatto?
Fermo restando che noi abbiamo strutturato la società in modo che ci siano una serie di collaboratori che sono coloro che ci aiutano ad andare a trovare i migliori giocatori. Ed i giocatori che sono arrivati ad Udine non sono arrivati per caso. Nella storia dell’Udinese, anche in quella più recente, la squadra attuale è piena di ragazzi di grande talento. Non si può semplificare tutto ricercando solo una componente, un elemento per spiegare questo momento negativo. Credo che l’analisi debba essere più ampia. Da questo punto di vista, all’interno del nostro gruppo abbiamo già fatto un’analisi della situazione, di cosa sia accaduto negli ultimi due mesi. Sappiamo dove agire.
Qui in Italia si sentono un po’ operatori di mercato, allenatori, se vogliamo è anche un po’ il bello del nostro calcio. Una delle principali [incomprensibile] [07:42] sul mercato, che dice è stato sbagliato da qualche anno a questa parte il mercato estivo, non si è corsi ai ripari in quello invernale. Se poi andiamo a leggere dei nomi, Lasagna, Barak, Jankto che è arrivato qualche tempo fa, Fofana, Adnan che ha avuto difficoltà ma che oggi è un giocatore importante per questa squadra, Balic che si sta mettendo in mostra, Samir, Ingelsson sicuramente ne dimentichiamo alcuni. Sono tutti giocatori che hanno qualità e che lo hanno dimostrato.
Io credo che all’interno di questa serie di sconfitte, ognuno cerca delle scuse o delle motivazioni ai risultati. La squadra il 6 gennaio era settima in classifica. Nessuno degli elementi che facevano parte della formazione, tutti quelli che partecipavano attivamente a quei risultati è stato ceduto. Pertanto non si deve ricerca in nessun elemento del mercato. Di fatto abbiamo orientato i nostri sforzi a preparare, migliorare la squadra per la stagione successiva perché ritenevamo che la squadra così composta come in quel momento permettesse di continuare a poter ambire ai massimi risultati. I giocatori che sono andati via a gennaio sono stati spostati con la finalità di dargli maggiore spazio perché erano giocatori che non partecipavano attivamente al risultato. Nelle squadre, nella maniera di costruire le squadre, è abituale che si tenga un numero di giocatori più ampio durante la prima fase di campionato, durante la quale viene fatta una naturale selezione, e poi nel mercato di gennaio si tenta di correggere eventuali lacune e collocare quei giocatori in esubero che non trovano una loro collocazione. Questo mercato è stato fatto in questa ottica. Adesso, alla luce dei risultati che abbiamo raccolto, possiamo fare tutte le analisi che vogliamo. Probabilmente, anzi, sicuramente ci sono una serie di concause. Avremmo dovuto fare qualcosa di più sul mercato, avremmo dovuto richiamare maggiore attenzione di tutte le componenti rispetto a tutta una serie di elementi, però questa analisi l’abbiamo già fatta. In questo momento non è opportuno approfondire tutto questo, perché i nostri sforzi devono essere finalizzati solo a conquistare i punti necessari a garantire il mantenimento della categoria. A fine stagione, poi, sappiamo già che decisioni prendere per continuare su un certo percorso che, ripeto, ci aveva portato all’inizio di gennaio in una situazione che ci aspettavamo: una squadra che potesse ambire a entrare in concorrenza per i posti europei.
Il capitolo allenatori, dopo Guidolin l’Udinese le ha provate tutte. Ha individuato allenatori giovani che non avevano un passato da calciatori. Mi riferisco, ad esempi, a Stramaccioni, che si era segnalato per metodi innovativi e aveva avuto i suoi risultati. Allenatori che esprimevano un concetto di affidabilità, perché erano esperti, alcuni anche con un passato da calciatori, per arrivare ad Oddo che ha giocato ad alti livelli ma è all’inizio della sua carriera di allenatore. Qual è, secondo Lei, il profilo corretto, l’identikit di un allenatore che può essere buono per il progetto Udinese?
Credo che in questo momento l’allenatore per l’Udinese debba essere un allenatore moderno, che possa portare delle metodologie nuove. Il calcio è cambiato, soprattutto a livello europeo vediamo una proposta calcistica diversa. Da questo punto di vista noi dobbiamo poter andare avanti in quella direzione. Il profilo di Oddo, in questa ottica, richiama queste caratteristiche.
Nel corso degli anni, l’Udinese è cresciuta non solo sotto il profilo tecnico, ma parallelamente anche sotto il profilo gestionale di altri aspetti. Lo stadio è l’emblema di tutto questo, ma anche di tante altre attività. All’occhio del tifoso sembra quasi che questa sia una colpa, ‘si da troppo sazio al marketing, quindi si tralasciano gli aspetti tecnici’. In realtà, in società ci sono figure che si occupano in maniera ben distinta di questi dure rami che vanno avanti ognuno per la propria strada.
Il calcio attuale, il calcio moderno, non può basarsi sull’improvvisazione. Noi all’interno della società abbiamo un gruppo di dirigenti, di collaboratori, che garantiscono proprio che la società si all’avanguardia. Poi, per poter godere di uno spettacolo di alto livello in campo, tutte le componenti devono essere di alto livello. Purtroppo quando viene fatto riferimento al fatto che i giocatori sono trattati coi guanti, ai tempi dovevano lavare le maglie da soli…è un calcio anacronistico, per cui dobbiamo pensare che all’interno della grande organizzazione la società può raggiungere grandi risultati. Quello che il tifoso deve percepire è il risultato in campo. Dietro ci deve essere una grande organizzazione. Per raggiungere grandi risultati non si può prescindere da questa organizzazione. Non se ne può fare una colpa se la società dedica grandi risorse e energie affinché tutto il contorno sia di alto livello. Anzi, questo è il presupposto per raggiungere determinati risultati. Il fatto che l’Udinese rimanga una società all’avanguardia in questo senso è alla base per poi poter raccogliere i futuri successi.
Torniamo all’attualità. A Napoli la squadra ha mostrato dei segnali di ripresa importanti. Con il Crotone è la partita delle partite in questo momento. Cosa si aspetta dalla squadra? Visto che Lei ha anche parlato con i calciatori, li ha visti un po’ rinfrancati non dal risultato, ovviamente, perché perdere fa sempre male, ma dalla prestazione di Napoli.
La situazione in questo momento, nella sua complessità è estremamente semplice. Quello che abbiamo davanti è un numero di partite nelle quali, una alla volta, ci viene posto un test. I giocatori ora devono ricevere tutto il nostro supporto affinché possano superare questa prova. La prova con il Crotone è fondamentale. Per cui, mettendo da parte tutte le vicissitudini dell’ultimo tempo dobbiamo cogliere gli elementi positivi. La squadra Napoli ha avuto un buon comportamento, un atteggiamento propositivo, evidentemente saper correggere tutti quegli aspetti negativi che non ci hanno permesso di avere il risultato. L’allenatore, i giocatori, siamo tutti determinati. Adesso le parole stanno a zero. Bisogna entrare in campo e dare tutto per poi raccogliere il risultato. Bisogna assumersi assumersi le responsabilità perché questo è un momento da raccogliere il risultato in campo. Adesso bisogna solo essere focalizzati alla prossima partita che è quella del Crotone che diventa fondamentale.
Oddo rischia?
Rischiamo tutti. Nel senso che in questo momento l’assunzione di responsabilità da parte di tutti quanti, siamo tutti sulla stessa barca: Oddo, i giocatori, noi. Per cui parlare del rischio di Oddo in questo momento è quasi paradossale. Siamo qua per raccogliere un risultato e la prossima partita deve portare questo risultato.